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Il crollo del ponte di Baltimora. Il progetto del Ponte sullo stretto di Messina. Considerazione sugli standard di sicurezza a livello progettuale.

Il crollo del ponte di Baltimora. Il progetto del Ponte sullo stretto di Messina. Considerazione sugli standard di sicurezza a livello progettuale.
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    Il crollo del ponte di Baltimora. Il progetto del Ponte sullo stretto di Messina. Considerazione sugli standard di sicurezza a livello progettuale.

    Il Francis Scott Key Bridge di Baltimora, noto come Key Bridge, era un imponente ponte a travata continua ad arco in acciaio che attraversava la parte inferiore del fiume Patapsco e la periferia del porto di Baltimora. Aperto al traffico il 23 marzo 1977, il ponte rappresentava un collegamento vitale per il traffico veicolare, comprese le sostanze pericolose, proibite nei tunnel sottostanti. Con una campata principale di 366 metri, era uno dei ponti a travata continua più lunghi al mondo. Il crollo del Key Bridge, avvenuto il 26 marzo 2024 dopo che la nave portacontainer MV Dali ha colpito uno dei suoi piloni, ha messo in luce criticità strutturali e di progettazione che meritano un’analisi approfondita.

    Riflessioni sul Crollo del Key Bridge di Baltimora

    Il tragico crollo del Key Bridge di Baltimora solleva interrogativi cruciali sulla durabilità e la resilienza delle infrastrutture moderne. Questo incidente mette in evidenza la vulnerabilità di strutture di vitale importanza a incidenti apparentemente isolati, con conseguenze devastanti. Il fatto che il ponte sia stato costruito prima dell’introduzione di strutture di supporto ridondanti, ampiamente utilizzate nei ponti moderni per prevenire simili crolli, solleva questioni sull’adeguatezza delle pratiche di progettazione del tempo e sulla necessità di aggiornamenti o revisioni normative.

    La Critica ai Moderni Metodi di Progettazione

    L’incidente del Key Bridge di Baltimora evidenzia un difetto critico nei moderni metodi di progettazione: la dipendenza da singole componenti strutturali che, se danneggiate, possono portare al fallimento dell’intera struttura. Questa “domino effect” vulnerabilità richiede una riflessione profonda sull’approccio alla progettazione infrastrutturale, specialmente in zone soggette a traffico pesante e potenziali pericoli. La resilienza delle infrastrutture, soprattutto in contesti urbani densi e complessi come quello di Baltimora, deve essere una priorità assoluta, garantendo che le strutture possano resistere non solo all’usura del tempo ma anche ad eventi imprevisti e catastrofici.

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    Verso una Maggiore Resilienza Strutturale

    Il disastro del Key Bridge serve come un campanello d’allarme per i progettisti, gli ingegneri e i responsabili politici. È imperativo rivedere le pratiche attuali e considerare l’integrazione di sistemi di supporto ridondanti e altri meccanismi di sicurezza per migliorare la resilienza delle infrastrutture esistenti e future. Questo richiede un impegno verso l’innovazione e l’investimento in tecnologie avanzate, così come una revisione delle normative vigenti per assicurare che riflettano le migliori pratiche e le lezioni apprese da tragedie come questa.

    In conclusione, il crollo del Key Bridge di Baltimora non solo rappresenta una tragedia in sé ma anche un momento critico di riflessione sulle pratiche di progettazione e costruzione delle infrastrutture chiave. È essenziale adottare un approccio più olistico e resiliente alla progettazione infrastrutturale, uno che possa prevenire la ripetizione di tali disastri in futuro.

    Il ponte sullo stretto di Messina

    Il progetto del ponte sospeso dello Stretto di Messina e il Francis Scott Key Bridge di Baltimora, benché distinti per tipologia e contesto, condividono una preoccupazione fondamentale relativa alla sicurezza strutturale e alla resilienza. Il recente crollo del Key Bridge ha messo in evidenza la vulnerabilità delle grandi infrastrutture a incidenti che, anche se isolati, possono portare a conseguenze disastrose. Questa riflessione si applica pienamente al progetto del ponte sullo Stretto di Messina, destinato a diventare uno dei ponti sospesi più lunghi al mondo, dove la prevenzione di potenziali cedimenti strutturali è cruciale.

    Ridondanza e Resilienza Strutturale

    Il concetto di ridondanza strutturale, ovvero la presenza di componenti aggiuntivi che possono assumere il carico nel caso in cui uno degli elementi principali fallisca, è fondamentale in progetti di questa scala. Mentre il Key Bridge è stato costruito in un’epoca in cui tali considerazioni erano meno centrali nella progettazione infrastrutturale, il ponte dello Stretto di Messina ha l’opportunità di beneficiare di decenni di progresso nel campo dell’ingegneria civile. Integrando sistemi di ridondanza, il progetto può garantire che un’eventuale manomissione o incidente minimo non porti al cedimento dell’intera struttura.

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    Monitoraggio e Manutenzione Avanzati

    La tragedia di Baltimora sottolinea l’importanza del monitoraggio continuo e di una manutenzione proattiva. Per il ponte sullo Stretto di Messina, l’impiego di sensori avanzati e di sistemi di monitoraggio in tempo reale può offrire un meccanismo efficace per rilevare precocemente segni di stress strutturale, corrosione, o danneggiamenti, consentendo interventi tempestivi prima che si verifichino cedimenti critici.

    Considerazione di Eventi Estremi

    Oltre alla ridondanza e al monitoraggio, la progettazione del ponte sullo Stretto di Messina deve tenere in considerazione la possibilità di eventi estremi, sia naturali che antropici. Questo include terremoti, raffiche di vento eccezionalmente forti, collisioni navali e potenziali atti di sabotaggio. La progettazione deve quindi andare oltre i requisiti standard, adottando un approccio che consideri scenari catastrofici improbabili ma possibili.

    Coinvolgimento e Trasparenza

    Infine, simile a quanto discusso per il Key Bridge, l’importanza del coinvolgimento della comunità e della trasparenza nel processo di progettazione e costruzione del ponte dello Stretto di Messina non può essere sottovalutata. Fornire chiarezza sulle misure adottate per garantire la sicurezza e la resilienza della struttura può aiutare a costruire la fiducia del pubblico e a garantire un ampio sostegno al progetto.

    In conclusione, sebbene il progetto del ponte sullo Stretto di Messina rappresenti un’opportunità unica per dimostrare le capacità dell’ingegneria moderna, esso porta con sé la responsabilità di apprendere dalle lezioni di eventi passati come il crollo del Key Bridge. Integrando le migliori pratiche di ridondanza, monitoraggio, e considerazione per eventi estremi, insieme a un impegno per la trasparenza e il coinvolgimento della comunità, è possibile mirare a realizzare una struttura che sia non solo un capolavoro di ingegneria, ma anche un esempio di resilienza e sicurezza infrastrutturale.

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    Per la rubrica 20 tra i più grandi ingegneri di opere in acciaio della storia: Robert Maillart

    La vita

    Robert Maillart è stato un ingegnere civile svizzero che ha rivoluzionato l™uso del calcestruzzo armato strutturale con progetti come l™arco a tre cerniere e l™arco irrigidito dal ponte per i ponti e la lastra del pavimento senza travi e il soffitto a fungo per gli edifici industriali.ÂÈ nato il 6 febbraio 1872 a Berna, in SvizzeraÂ1.ÂHa studiato ingegneria strutturale presso l™ETH di Zurigo dal 1890 al 1894Â1.

    Dopo aver completato gli studi, Maillart ha lavorato per tre anni con Pà¼mpin & Herzog (1894-1896), poi per due anni con la città di Zurigo e successivamente per alcuni anni con una società privata lìÂ1.ÂNel 1902 ha fondato la sua società, Maillart & CieÂ1.

    Nel 1912 si trasferì con la famiglia in Russia per gestire la costruzione di grandi progetti per grandi fabbriche e magazzini a Kharkov, Riga e San Pietroburgo. Nel 1916 sua moglie morì e nel 1917 la Rivoluzione Comunista e la nazionalizzazione degli attivi lo fecero perdere i suoi progetti e obbligazioni.ÂQuando il vedovo Maillart e i suoi tre figli tornarono in Svizzera, era senza un soldo e gravemente indebitato con le banche svizzere.

    Dopo questo periodo difficile, Maillart ha continuato a lavorare per altre società, ma le sue migliori progettazioni erano ancora da venire.ÂNel 1920 si trasferì in uno studio di ingegneria a Ginevra, che in seguito aveva uffici anche a Berna e Zurigo.

    Maillart è morto il 5 aprile 1940 a Ginevra.

    Le opere

    Alcune delle opere più famose di Robert Maillart includono il Ponte Stauffacher a Zurigo sul fiume Sihi (1899), i Magazzini Generali con Punto Franco a Chiasso (1924-25), il Ponte Salginatobel a Schiers (1930) e il Ponte di Vessy a Veyrier (1936)Â1. Il Ponte Salginatobel è probabilmente la sua struttura più famosa. Si tratta di un ponte stradale ad arco completato nel 1930 con una campata di novanta metri.ÂSi basa sul principio statico dell™arco a trave scatolata a tre cerniere sviluppato dallo stesso MaillartÂ2.

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    Ecco un elenco di alcune delle opere più famose di Robert Maillart:

    • Ponte Stauffacher, Zurigo, fiume Sihi (1899)
    • Magazzini Generali con Punto Franco Chiasso (1924-25)
    • Ponte Salginatobel, Schiers (1930)
    • Ponte di Vessy, Veyrier (1936)

    Queste sono solo alcune delle opere più famose di Maillart. Ha progettato molti altri ponti, depositi e magazzini in calcestruzzo armato durante la sua carriera.

    Le innovazioni

    Robert Maillart ha rivoluzionato l™uso del calcestruzzo armato strutturale con progetti come l™arco a tre cerniere e l™arco irrigidito dal ponte per i ponti e la lastra del pavimento senza travi e il soffitto a fungo per gli edifici industriali. Ha ideato tipi originali di ponti che portano il suo nome, come il tipo a volta sottile e impalcato irrigidente . Le sue opere hanno influenzato decenni di architetti e ingegneri dopo di lui e hanno cambiato radicalmente l™estetica e l™ingegneria della costruzione dei ponti.

    Robert Maillart ha dato un contributo significativo all™ingegneria civile attraverso i suoi progetti innovativi di ponti, depositi e magazzini in calcestruzzo armato. Ha rivoluzionato l™uso del calcestruzzo armato strutturale con progetti come l™arco a tre cerniere e l™arco irrigidito dal ponte per i ponti e la lastra del pavimento senza travi e il soffitto a fungo per gli edifici industriali. Ha ideato tipi originali di ponti che portano il suo nome, come il tipo a volta sottile e impalcato irrigidente. Le sue opere hanno influenzato decenni di architetti e ingegneri dopo di lui e hanno cambiato radicalmente l™estetica e l™ingegneria della costruzione dei ponti.

    Curiosità

    • Maillart non eccelleva nelle teorie accademiche, ma capiva la necessità di fare ipotesi e visualizzare quando analizzava una struttura. L™eccessivo uso della matematica lo infastidiva, poiché preferiva di gran lunga fare un passo indietro e usare il buon senso per prevedere le prestazioni a grandezza naturale. Inoltre, poiché raramente testava i suoi ponti prima della costruzione, solo al termine verificava se il ponte era adeguato. Spesso testava i suoi ponti attraversandoli personalmente. Questo atteggiamento nei confronti della progettazione e della costruzione dei ponti è ciò che gli ha fornito i suoi progetti innovativi 1.
    • Nel 1912 si trasferì con la famiglia in Russia per gestire la costruzione di grandi progetti per grandi fabbriche e magazzini a Kharkov, Riga e San Pietroburgo. Ignaro dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, Maillart fu sorpreso nel paese con la sua famiglia. Nel 1916 sua moglie morì e nel 1917 la Rivoluzione Comunista e la nazionalizzazione degli attivi lo fecero perdere i suoi progetti e obbligazioni.ÂQuando il vedovo Maillart e i suoi tre figli tornarono in Svizzera, era senza un soldo e gravemente indebitato con le banche svizzere.
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    Libri

    Robert Maillart non ha scritto libri, ma ci sono molti libri scritti su di lui e sulle sue opere. Uno di questi è œRobert Maillart™s Bridges: The Art of Engineering di David P.ÂBillington, che esplora l™arte e la scienza della progettazione dei ponti di MaillartÂ1. Un altro libro interessante potrebbe essere œSwitzerland Builds: Its Native and Modern Architecture del fotografo statunitense G.E.ÂKidder Smith, pubblicato nel 1950Â2.

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